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I settori che vendono online? I soliti noti...

di Pino Fondati

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Secondo i dati dell'Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2008 il commercio elettronico in Italia è destinato a crescere a due cifre raggiungendo un valore di oltre 6 miliardi di euro. A trainare il mercato è, more solito, il turismo che, con un fatturato di 3,4 miliardi di euro, cresce del 28%, e rappresenta il 56% del totale del mercato. E dire che il settore ha registrato un rallentamento nei due segmenti principali: la vendita dei biglietti di trasporto, e le prenotazioni alberghiere. Promette bene invece la vendita online dei pacchetti viaggio, sinora poco sfruttato dagli operatori. Segue a molta distanza (9%) l'informatica e l'elettronica di consumo che dovrebbe chiudere il 2008 a 550 milioni di euro, con un incremento del 15% circa. Il comparto procedere a due velocità: da un lato, alcune iniziative di punta che crescono a tassi più alti della media del comparto, superiori al 30% (ad esempio Monclick, Mediaworld, ePrice), e altre che invece stentano a causa di una minore propensione all'innovazione. Il settore sconta una costante riduzione dei prezzi, che penalizza il fatturato a fronte di performance assolute in netto miglioramento. Un numero per tutti: il numero di ordini cresce del 40%. Del 17% cresce il settore delle assicurazioni, prevalentemente per i prodotti Rc Auto: nel 2008, è previsto un transato di 450 milioni di euro, il 7% delle vendite e-commerce. La crescita, nonostante una guerra sui prezzi, si spiega anche con la discesa in campo delle principali compagnie di assicurazione italiane, dell'arrivo di compagnie legate a importanti player internazionali (Quixa del gruppo Axa e ConTe di Admiral). Una crescita significativa per le vendite online dell'intero comparto potrebbe inoltre arrivare dalla imminente introduzione del "preventivatore unico" che renderà più agevole per i consumatori finali la comparazione di prezzo tra i prodotti assicurativi, online e offline.
Ottima la crescita nel 2008 per il comparto dell'abbigliamento (+43%), grazie ai risultati di Yoox ed all'ingresso di alcuni tra i grandi marchi del fashion italiano (Marni, Armani, Valentino, Diesel, Stone Island, Miss Sixty, Energie, Gucci , Prada, Bata. Il giro d'affari 2008 dovrebbe attestarsi sui 250 milioni di euro, di cui la metà realizzati all'estero. Il comparto, specialmente nei mercati esteri, sfrutta ancora pochissimo il canale web, quindi le potenzialità sono elevatissime.
buona quella di editoria, musica ed audiovisivi (+20%), per i tre quarti vendite di libri italiani (Amazon.com è escluso dal conteggio non avendo filiale in Italia). La vendita online di cd e dvd cresce a un ritmo inferiore, scontando la tendenza generale verso la commercializzazione di contenuti digitali. Il settore presenta modelli di business piuttosto eterogenei: case editrici con punti vendita fisici (Hoepli.it), case editrici (Mondadori con Bol.it) e distributori (Messaggerie con Ibs.it) con progetti online che non hanno sinergie di brand con il canale fisico, distribuzione moderna (laFeltrinelli.it, nuovo ingresso di quest'anno), Dot Com che hanno stabilito relazioni forti con editori e distributori (Libreria Universitaria, Unilibro), importatori (Deastore.com). Male il grocery, con l'1%. La classifica finisce qui, con le "solite" merceologie. Già, perché per diverse categorie merceologiche l'offerta online è quasi assente. Se analizziamo più nel dettaglio l'offerta di prodotti ci rendiamo conto come per alcune categorie merceologiche che all'estero rivestono un ruolo di primaria importanza, come ad esempio il grocery, i prodotti per la casa (arredamento, prodotti per il giardino, casalinghi, ecc.), le parti di ricambio per auto, i fiori, ecc., l'offerta nel nostro paese sia quasi assente, o comunque talmente parcellizzata da essere quasi introvabile. Da quanto detto sinora, si evince come l'Italia sia fortemente polarizzata sulla vendita di servizi (prodotti turistici, biglietti, ricariche telefoniche, prodotti assicurativi,..) che rappresentano oltre il 70% dell'e-commerce. Un fenomeno che si conferma da diversi anni. Se escludiamo le vendite di informatica ed elettronica di consumo, che pesano per un 9% circa, gli altri settori merceologici rappresentano percentuali largamente inferiori al 5% del totale delle vendite online (abbigliamento 4%, editoria, musica ed audiovisivi 2%, grocery 1%). Un dato in netta contrapposizione con la ripartizione dei consumi degli italiani, che vede una forte predominanza della componente prodotti (più o meno, l'80%) e con la composizione del paniere nei mercati online all'estero.
A proposito, nel confronto con i principali siti di e-commerce internazionali, i più importanti siti di italiani tutto sommato ne escono bene. Anche se ancora molto c'è da fare per migliorare. In primo luogo, occorre lavorare per rendere più veloce e semplice il processo di chiusura dell'acquisto, dove i tassi di abbandono sono molto alti. In secondo luogo, si deve lavorare sulla qualità di presentazione dei prodotti o servizi. In terzo luogo, bisogna migliorare la personalizzazione dell'esperienza di acquisto, ormai un fattore decisivo per i principali siti internazionali. Ultimo, ma non ultimo, sviluppare l'uso di strumenti di interazione più evoluti e innovativi messi a disposizione dal web 2.0

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